N. 11 – SPAZI E LUOGHI DELL’ARCHITETTURA
Inizio a parlare di Roma.
Dopo aver affrontato New York, città nuova (si potrebbe dire) ed esempio di grande abilità pianificatoria, affronto la città che si è sviluppata per lunghi Secoli senza disegno urbano e che – a mio parere, più di tutte al mondo – è l’esempio tanto del fascino quanto della contraddizione.
Parlare di Roma non è facile. Con un pizzico di presunzione, credo di avere un merito: quello di aver vissuto questa città intensamente e, per questo, di averne compreso alcuni elementi che facilmente sfuggono alla gran parte delle persone. Ogni realtà urbana non è fatta di soli aspetti estetici e funzionali. È innanzi tutto lo specchio del rapporto tra luogo fisico e vita: questo è il punto fondamentale.
Non mi basterà un solo articolo. E prima di affrontare un’analisi più urbanistica, desidero riportare (solo in parte) un brano tratto dal mio romanzo Roma dei desideri, pubblicato nel 2015 (Rif. pagina Scrittura di questo Blog). Si tratta di una pagina a cui sono affezionata perché la sento vera, maturata nel tempo, perfino sofferta. Credo sia utile anche per trasmettere lo spirito con cui voglio affrontare questo difficile argomento.
<Ho letto tanto di questa città (…) ho scritto tanto e tanto si è scritto; troppo oppure troppo poco, dipende dai punti di vista.
Roma della bellezza, Roma del turismo, Roma dei monumenti, eccetera eccetera: ma la Roma della gente (…) com’è?
Non è la città del turismo. E’ la città delle mille emozioni. Roma è un mondo complesso e, nel momento in cui la vivi, corri il rischio di perderla.
E’ talmente vasta, talmente bella, talmente contorta, talmente contraddittoria, talmente inusuale, talmente affascinante e perfino talmente perversa che non è possibile ammirarla nel suo splendore, né obiettarla nella sua distorsione.
E’ inquietante.
Eppure Roma è Roma: unica, sentimentale, magica e pericolosa.
Cerchi di mettere insieme tutti i suoi aspetti, cerchi di costruirne un’immagine in qualche modo utile e onesta e finisci col renderti conto che non è possibile, che mancano elementi, che ti sfugge nella sua grandiosa complessità.
Allora sei costretto a valutarne gli aspetti uno per volta, o due per volta, o tre per volta: potrai sentirti appagato se non sei ambizioso e se hai la coscienza di capire che si tratta di aspetti di Roma e non di Roma.
Roma è tutto e può essere niente nel momento in cui distrugge le costruzioni, apparentemente logiche, che di essa hai fatto.
Roma è fortuna e miseria; è bellezza e terrore; è gloria e distruzione; è fatica e speranza; è storia e presente. E’ uno sguardo sul futuro e paura dell’avvenire.
Roma è di tutti e di nessuno.
E’ presente e dispersiva; totalizzante e, a volte, inesistente.
Roma fa paura. (…)
No, certamente non fa paura a quelli che arrivano per visitarla con l’aiuto della mappa del Touring e per fotografare il Colosseo o i Fori Imperiali o il Cupolone. In questi casi Roma è vanesia e si lascia ammirare. Credo che non faccia paura neppure a chi la vive in maniera metodica o superficiale o ristretta.
Roma fa paura a chi la conosce bene; a chi va a indagare oltre quell’immagine di meraviglia che rivelano certe sue pietre composte o certe notti di luna piena; a chi ha il gusto di guardarci dentro, di smembrarla e ricomporla, di viverla in ogni manifestazione; a chi ha la fortuna e la disgrazia di assaporarla nella sua perversione; a chi ha il coraggio di mostrarsi a essa nudo e di vederla apparire nuda.
Roma fa paura a chi riesce ad amarla. (…)
L’immagine della città magica, fatta di bellezza e divertimento, è un fuoco di paglia che svanisce presto se non si alimenta la fiamma con altri valori. La devi conquistare poco alla volta: punto e basta. E non è detto che ci riesci. (…)
Roma è il punto geografico ove ha fine la logica e nasce l’irrazionale. Ma è anche l’esatto contrario.
Roma disorienta.
(…) quanti ruoli ha avuto, nel corso della sua storia millenaria: Roma di eterna memoria storica, Roma monumentale, Roma papale, Roma politica, Roma ministeriale, Roma Capitale, Roma metropoli, (…)
E forse non è mai stata diversa da oggi. Si, sembrerebbe diversa da quell’antica Roma degli Imperatori che ogni libro di storia racconta. (…) pensare alla Roma vera, al suo Centro, al suo cuore (…) ai rimpianti che riesce a suscitare immaginando il passato. (…) è così, dai segni, che si evocano i tempi trascorsi, si materializza la storia, la si scompone e ricompone, la si rivive. (…)
Però oggi Roma non è soltanto la città dei monumenti. C’è dell’altro, oggi. La sua periferia sterminata; la sua dimensione complessa. E’ qui che Roma perde la sua identità. (…)
E’ la più elevata contraddizione della storia e del presente. E’ pure il fascino, la paura e il mistero del futuro. Roma è morte e resurrezione secondo un ciclo continuo e faticoso.
E’ una specie di droga: l’assapori e non te ne liberi mai più. (…)
Roma dei ricchi, dei poveri, dei forti, dei deboli, dei potenti e di chi subisce: le mura, le strade, ogni cosa rivelano la contraddizione, fino alla gente che ci vive.
Prova a interpretare i luoghi. Se la conosci bene, ti accorgi di cose che stupiscono, del mescolamento delle parti, della intersezione di fatti contrastanti. La stazione Termini, rifugio di gente emarginata, povera, dimenticata, è a duecento metri, in linea d’aria, da Via Veneto, emblema della ricchezza, del lusso, del piacere.
Prova a imboccare Viale dei Parioli da Piazza Ungheria, percorrilo e vedrai che, in un batter d’occhio, ti trovi allo Stadio Flaminio. Prova a fare questa passeggiata di sera. Vedrai come si passa dai colori sobri delle facciate parioline, alle illuminazioni delle ‘lucciole’ che si addensano intorno al grigiore dello Stadio. Lo stesso Centro Antico, la città bella, perla unica, è circondato da un complesso di forme inqualificabili. Sono varietà di colori cupi, di spazi assurdi, che costituiscono i petali di un fiore il cui centro è incantato.
Roma è tutto questo e molto di più. E tutto è rappresentato col filtro della sua spaventosa quanto irrazionale superbia. Roma è come un nobile decaduto, che continua a fare il nobile: conserva il suo sangue blu, ma vive nella miseria.
La contraddizione che scorgi nelle mura, nelle parti, nelle strade, è tale anche nella vita di tutti i giorni, nei rapporti umani.
Alla Roma vera si contrappone e si identifica la Roma della finzione: tanto nei luoghi quanto nella gente. E’ anche in questo il suo smisurato fascino e la sua insopportabile violenza. (…)
Roma è devastata dalla contraddizione e da essa stessa è innalzata.
Mi sono chiesta spesso da dove potesse derivare tale disarmante constatazione. Ma se pensi alla Roma degli Imperatori, non ti pare che vi sia stata tanta ambiguità in quella straordinaria quanto disperata cultura? Eppure allora Roma era complessa ma non disordinata.
Roma è ingovernabile.
E sai, soltanto chi vive Roma, e non chi vive a Roma, si rende conto di tutto questo. E’ una trappola che affascina e disgusta dalla quale è difficile uscire.
Roma è effimero e profondità.
E’ la città di tutti: del potente che vive (talvolta a basso costo) in una magnifica casa nel cuore storico, del nobile che assegna il nome al palazzo dove abita, del cardinale che si aggira in lussuosi ambienti, dell’attore famoso che abita l’attico al centro, del produttore e dell’industriale che narrano gloria e ricchezza; ma anche del povero che abita le squallide borgate, del prete che gestisce la piccola parrocchia in periferia, del disadattato che dorme alla stazione ferroviaria, dell’extracomunitario che vaga nel quartiere in qualche modo a lui destinato, del barbone che muore per strada in mezzo ai rifiuti, del finto attore che si aggira nel mondo degli “arrivati”, del finto produttore che narra gesta mai state e mai possibili, del finto industriale che arriva ospite a casa dell’amico dalla vicina provincia, del drogato che ruba per garantirsi il giornaliero grammo di eroina, di chi impazzisce da un giorno all’altro e passa dalle mura di una casa alle scale di Trinità dei Monti, di chi fatica per tener salda di giorno la sua reputazione e si muove di notte nella polvere della miseria, delle “lucciole” e dei transessuali del Lungotevere Flaminio.
Roma è un pozzo senza fondo.
E’ la città che coinvolge tutti e sfugge a tutti: Roma è di nessuno. E quelli che la vivono, la amano, combattono per questo rapporto, mossi da un desiderio che solo Roma può scatenare. Ma è una lotta che stanca, è perenne. (…)
Roma è assassina.
Roma è un campo di carne. (…)
E’ una donna dai mille volti. E’ una maschera che cambia forma: è di creta e viene plasmata continuamente su di un palcoscenico che non può intervenire. Sembra uno spettacolo dei Mummenschatz.
E’ la rappresentazione continua, vivente, di un’opera di Pirandello. E’ uno, nessuno e centomila volti: e prima o poi, se non sei votato all’effimero, li becchi tutti!
Alla prossima.