La voce della scienza
I temi dei cambiamenti climatici e del surriscaldamento globale vengono oggi frequentemente relazionati a quello dell’inquinamento, come fossero inscindibilmente correlati: comunemente gli uni vengono interpretati come derivazioni dell’altro.
E troppo spesso si emanano documenti ufficiali – tanto per citarne uno, l’Accordo di Parigi – che si pongono l’obiettivo di agire per determinare la riduzione del surriscaldamento con ipotetiche lotte (mai troppo chiare) per il governo del clima.
Già ho accennato alla posizione del Professore Emerito Antonino Zichichi, uomo che ha dedicato la vita alla creazione di funzioni matematiche in grado di interpretare la fisica delle particelle e i sistemi terrestri, anche seguendo la scia delle scoperte di Einstein e di Newton. Ciononostante è proprio il professor Zichichi a chiarire l’impossibilità di determinazione di un’equazione sul clima, date le infinite variabili in gioco. Come ho già detto (Rif. Art. Verità e Confusione): troppi parametri liberi, fino al punto che occorrerebbero ben tre equazioni differenziali non lineari accoppiate. Vale a dire che esiste un tale livello di improvvisazione (fattori esterni non governabili, come i raggi cosmici) che non permette la costruzione di alcuna formula matematica esatta. In altri termini, l’impossibilità di razionalizzazione matematica di un qualsiasi fattore, corrisponde all’impossibilità del relativo governo, ivi incluse le componenti di previsione a medio-lungo termine. È pur vero che numerosi altri studiosi sostengono la tesi secondo cui la climatologia risponde a modellistiche multiple ma, per quanto abbia studiato e ricercato, non ho individuato alcun modello unico, complessivo, autosufficiente. In questa direzione, per dovere di analisi, cito un lavoro dell’IPPC (Intergovernmental Panel on Climate Change), contenuto nel Quinto Rapporto sul Clima e intitolato Climate Model Development and Tuning, che espone e articola parametri di numerose equazioni diverse che insieme concorrono a definire le varie componenti del sistema climatico. E se gli studiosi dell’IPPC sono in perenne disputa con Zichichi, resta viva la constatazione secondo cui si tratta di numerose componenti, ma non di un’equazione complessiva e risolutiva. Quanto possa offrire una modellistica multipla in termini di interpretazione dei fenomeni, non so dirlo: mi mancano sufficienti basi conoscitive. Non mi resta che limitarmi a rappresentare le differenti opinioni e commentare solo laddove le mie competenze riescono ad arrivare.
Posso invece esprimere qualche giudizio sul comportamento umano riguardo l’approccio ai temi scientifici e non. E difatti noto che quando ci si trova dinanzi a studi, ricerche, esamine di differente natura, generalmente la voce della scienza viene ascoltata. A questa si consegna la funzione di dirigere verso ogni tipo di approfondimento, finanche – lasciatemelo dire – quando ci si trova a trattare argomenti che, per loro essenza, non possono essere contratti all’interno dei campi scientifici. Con il termine scienza dovrebbe richiamarsi ogni disciplina che può essere incontestabilmente tradotta in linguaggio matematico (verità oggettiva, rigore metodologico), ossia riconducibile a formule esatte, e che si fondi su fattori inequivocabili, non su casistiche e percentuali (come avviene, per esempio, per la medicina occidentale, comunemente interpretata scienza suprema). Tant’è che quando si trattano temi medici si richiama erroneamente la scienza esatta e vi si dà credito assoluto, senza contare l’unicità di ogni individuo e le profonde differenze che governano la fisiologia e la vita di ogni essere. Né in questo modo le si consegna il giusto valore, visto che proprio per l’eterogeneità a cui si rivolge è una disciplina estremamente complessa. Consiglio la lettura del libro di Giorgio Cosmacini, La medicina non è una scienza esatta, il quale ha avuto finalmente il coraggio di esternare ciò che ognuno, con quella dose di critico buon senso, avrebbe potuto capire.
Al contrario, quando si trattano temi afferenti al contenitore supremo dell’irrefutabilità, sembrerebbe che la scienza sia messa da parte, mentre si assiste di fatto alla traduzione delle più svariate opinioni. Assurdità o strumentalizzazione?
Così accade per la climatologia, ad oggi considerata non scienza esatta dalla vera scienza (o perlomeno non definitivamente ricondotta all’ineccepibilità, essendo materia di approfondimento scientifico in corso), verso cui l’opinionismo diventa legge. Tanto (e come detto) da generare documenti programmatici che coinvolgono le più elevate sfere dei governi mondiali e, quel che è peggio, creano nuove e intoccabili poltrone di effimero potere. Tema vasto, al quale dedicherò numerosi articoli, analizzando – uno per volta – i 29 punti del magistralmente e strumentalmente elogiato Accordo di Parigi.
Ora torno qualche anno indietro. È il 2012 e Zichichi espone pubblicamente i concetti che riporto di seguito, utilizzando le testuali parole del professore, come tratte da un’intervista concessa al quotidiano Il Giornale.
Il motore climatico è in gran parte regolato dalla CO2 prodotta dalla natura, quella CO2 che nutre le piante ed evita che la Terra sia un luogo gelido e inospitale. Quella prodotta dagli esseri umani è una minima parte, eppure molti scienziati dicono che è quella minima parte a produrre gravi fenomeni perturbativi. Ma ogni volta che chiedo loro di esporre dei modelli matematici adeguati che sostengano la teoria (e comunque oltre ai modelli servirebbero degli esperimenti) non sono in grado di farlo. Serve un gruppo di matematici che controlli i modelli esistenti e dia dei responsi di attendibilità.
Tra l’altro molto spesso i teorici dell’ecologia, che criticano l’eccessiva produzione di CO2, sono gli stessi che si oppongono a testa bassa al nucleare.
Focalizzando il tema del surriscaldamento globale, voglio riportare anche le analisi del Premio Nobel Carlo Rubbia (esposte pubblicamente nell’anno 2014, in una conferenza al Ministero dell’Ambiente). Egli afferma i concetti che seguono (tradotti in una sintesi non testuale).
<<Il clima della Terra è sempre cambiato. Oggi si pensa, probabilmente in maniera falsa, che controllando le emissioni di CO2 – Anidride Carbonica, il clima della Terra possa non subire variazioni. Non è vero.
Va esaminato il trend di variazioni che la Terra ha subito nel corso dell’ultimo milione di anni. In questo non banale lasso di tempo, la Terra è stata dominata da periodi di glaciazione con temperatura media pari a 10 gradi sotto lo zero, fatta eccezione per brevissimi periodi durante i quali si sono avute temperature del tutto simili a quelle di oggi. L’ultimo di questi contratti periodi si è verificato 10.000 anni fa, ossia quando si sono impostate le basi dell’odierna civilizzazione con l’uso agricolo dei suoli e lo sviluppo delle aree maggiormente urbanizzate.
Variazione nella variazione, nel corso degli ultimi due Millenni, la temperatura terrestre è mutata profondamente, generando notevoli oscillazioni. In epoca romana era decisamente più alta di adesso. Nel periodo basso-medievale si è verificata una modesta glaciazione, mentre intorno al calare del Primo Millennio d.C. si è assistito ad un aumento tale da ricondurre la temperatura ai valori dell’epoca romana. Poi, tra il 1.550 e il 1.600 è intervenuta una nuova mini-glaciazione.
Perfino nel corso degli ultimi cento anni si sono registrate variazioni notevoli delle temperature, intervenute ben prima delle rilevazioni a effetto serra (ad esempio, si ricorda la mutazione intervenuta nel corso degli anni ’40). Certamente l’intervento umano ha determinato alcuni recenti cambiamenti, dovuti anche alla moltiplicazione dei valori di popolamento dei territori e, di conseguenza, al consumo di energia esponenzialmente più alto (11 volte maggiore di 70 anni fa).
Dal 2000 al 2014, la temperatura della Terra non è aumentata, piuttosto è diminuita di 0,2 gradi. Negli ultimi 15 anni non c’è stato nessun cambiamento climatico dimensionalmente rilevante. Dunque non si è di fronte a un’esplosione della temperatura: questa è aumentata fino al 2000 e da quel momento risulta essere pressoché costante (con regressione, come detto, di 0,2 gradi). Non è banalizzabile, dunque, il comportamento apparentemente schizofrenico del Pianeta, né possono essere governate le variazioni climatiche>>.
Vado avanti negli anni e arrivo al 2017, quando Zichichi rilascia una nuova intervista al quotidiano Il Mattino. Queste le sue parole:
L’inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale.
L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del dieci per cento. Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future.
In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili? Divinazioni!
Perché molti scienziati concordano sul riscaldamento globale dovuto all’attività umana? Perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna. Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari. Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione. Ma il metodo scientifico è un’altra cosa.
Da queste dichiarazioni della scienza io esco trafelata, anche inquieta, ma certamente più consapevole. Tanto che ripercorrerò ogni articolo precedentemente scritto per rettificarlo, evitando di appartenere, seppur finora inconsapevolmente, a quella coltre di distratti ambientalisti (come sempre, la massa fa danni) o teorici dell’ecologia (come dice Zichichi), le cui azioni spesso mi ripugnano. Perché voglio essere sì ambientalista al massimo grado, ma con consapevolezza e ragione, con coscienza e valori, cercando di apportare – con i mezzi culturali di cui dispongo – il miglior contributo che la Natura mi consente alla difesa dell’ambiente e degli ecosistemi. E voglio farlo concentrando ancora l’attenzione sui danni che l’uomo esercita contro la Natura, sulle azioni spudorate nella generazione di disastri inquinanti e nella perpetuazione delle devastazioni della vita animale. Perché questi generi di distruzioni non di certo posseggono minor valore se relativamente scissi dal surriscaldamento.
Con questo stesso spirito voglio affrontare la prima citata analisi del delirante Accordo di Parigi (divinazioni, come dice Zichichi), senza esclusione di richiami all’altrettanto illusorio Our Common Future.