Cos’è un Progetto
Rivolgendomi soprattutto agli studenti di architettura, riprendo qualche altro concetto che ho riportato nella sezione BIO di questo blog.
L’architettura è arte. La regina delle arti. Proprio per questo, è di tutti. Ma attenzione, non è per tutti.
… Essere architetto significa esercitare un mestiere derivato da anni di studi e di pratica. Essere un buon architetto significa aggiungere alle precedenti prerogative anche un’innata dote artistica. Tutto questo non s’improvvisa.
Adesso bisogna impiegare un pizzico di concentrazione per rispondere a una domanda importantissima: cos’è un progetto?
Giovani e futuri architetti, chiunque stia leggendo, vi prego di fermarvi un attimo a riflettere. Datevi una risposta, poi proseguite.
Allora: cos’è un progetto?
Un bel disegno, magari molto articolato e dettagliato? Un insieme di tavole grafiche e di restituzioni multimediali? Un bel plastico ornamentale?
No.
Un progetto è l’idea e la sua elaborazione concettuale. Il bel disegno, l’insieme delle tavole grafiche, i render, le restituzioni multimediali, i plastici ornamentali, altro non sono che la rappresentazione finale di un intenso percorso di studio e di affinamento dell’idea progettuale.
L’architetto non è un disegnatore CAD. Esistono persone in grado di utilizzare i programmi di grafica molto meglio di quanto saprebbe fare qualsiasi professionista dell’architettura.
Confesso che un po’ mi spiace quando noto che le Facoltà di Architettura oggi concentrano molta dell’attenzione sull’uso dei programmi di grafica. Benché divenuti relativamente importanti, credo facciano perdere di vista agli studenti il vero significato, profondo e perfino intimo, della creazione architettonica.
Un tempo gli architetti disegnavano. E soprattutto gli studenti di architettura. La matita era lo strumento più importante all’interno del percorso di apprendimento. Il disegno a mano, su lucidi (o su quella che veniva chiamata “carta mozzarella”, per risparmiare) posizionati su tavoli completi di tecnigrafi, richiedeva grande concentrazione e il perfezionamento dell’idea era affidato a un percorso completo, fatto tanto di elaborazione concettuale quanto di restituzione grafica. Un percorso in cui l’idea aveva il sopravvento e ogni linea diventava un riscontro incessante della bontà dell’ispirazione iniziale.
Lo Zucor, il mitico tecnigrafo Zucor, magari montato su tavolo Bieffe, era il sogno di ogni studente. E chi non lo aveva, si preoccupava di utilizzare quello di un amico, studiando insieme, lavorando in gruppo, incentivando la collaborazione, il confronto. Già, perché questo genere di strumentazione aveva un costo non irrilevante. Oggi, forse in ragione delle mutazioni della domanda, strumenti per il disegno si trovano a prezzi davvero molto contenuti. Qualche interessante pezzo è su Amazon.
A questo link si trova un bel tavolo da disegno, peraltro con piano trasparente. Si può illuminare il foglio dal retro e ottenere un’ottima visibilità del lavoro:
E questo è un buon tecnigrafo, completo di tavolo in formato A1:
Tornando al tema degli usi odierni, ecco che il computer, con programmi sempre più sofisticati, va apparentemente a semplificare il percorso di costruzione dei particolari progettuali che, invece, rappresenta la carta vincente dell’architetto, all’interno di uno scenario complesso, dove la concorrenza è ampia e spietata. La velocità con cui si ottiene la restituzione grafica toglie dunque spazio alla riflessione. E lo studente non ha il tempo di elaborare, di esaminare, perfino di confutare ciò che ha ideato. Il percorso dell’architettura si contrae in spazi temporali angusti e la penalizzazione del risultato è certa.
Ragazzi, usate il tecnigrafo. Usate la matita. Quella morbida per schizzare, per abbozzare e quella più dura per rifinire. Testa e mani sono la vostra forza. Usate la gomma da cancellare e studiate, elaborate, proponete e riproponete a voi stessi, intimamente, fin quando la vostra idea non avrà preso la migliore della forme possibili. Fin quando ne sarete davvero convinti, soddisfatti. Discutetene, magari con colleghi di studio, perfino per verificare l’impatto del vostro lavoro. Così imparerete veramente ad amare l’architettura. Poi potrete passare all’uso del computer, se vi farà piacere. Perché è importante, ma soltanto per ottenere una conoscenza completa delle modalità di restituzione del vostro progetto.
Ricordate che i grandi architetti non stanno davanti a una macchina. Schizzano, disegnano, studiano. Poi trasferiscono l’idea – ossia il progetto – ai disegnatori. A riprova: guardate l’esposizione di un progetto proposto da un qualsiasi noto architetto. Troverete che ciò che mette in evidenza è l’idea iniziale, tradotta in schizzi, perfino a mano libera.
Volete essere architetti oppure disegnatori? Deve essere una scelta consapevole. Ma se avete deciso di iscrivervi ad architettura, credo che la risposta sia ovvia.
L’architettura, ragazzi, è di tutti in quanto arte. Ma non è per tutti. Allora, da quale parte siete?
Bisogna che mettiate in gioco le vostre idee e le vostre capacità per capirlo. Testa e mani, testa e mani, testa e mani.
Auguri.