II – LE DIMENSIONI DELL’ARCHITETTURA
La comune riflessione sui temi delle Dimensioni dell’Architettura è in evoluzione. L’architetto Salvo Cimino e io, tramite articoli in sequenza, vogliamo raccontarne i risultati.
Siamo alla ricerca, come annunciato nel precedente articolo, della N Dimensione dell’architettura. Meta ambita, non di facile conseguimento, tuttavia decisamente stimolante.
Per un certo verso siamo partiti dall’intuizione di Zevi, secondo cui le quattro dimensioni non sono sufficienti a contenere lo spazio interno. Per altri versi, la nostra stessa percezione di una mancanza nel poter comprendere esaustivamente l’architettura ci sta portando lontano, verso quel mondo tanto fisico quanto sensoriale che deve dare una risposta lucida e mirata alla più profonda interpretazione dello spazio architettonico.
Quasi istintivamente, nel precedente articolo (I – Le Dimensioni dell’Architettura) abbiamo pensato alla N Dimensione come al risultato della capacità percettiva che moltiplica n volte la tridimensionalità e richiama tempo, spazio e velocità. E abbiamo messo in gioco la capacità sensoriale individuale, perché da essa dipende la sintesi dell’azione di lettura interpretativa dell’architettura. D’altro canto la capacità sensoriale individuale (connessa anche alla memoria) entra pienamente in gioco già dalla Quarta Dimensione.
Qual è dunque il vero elemento che supera le Dimensioni ormai note e introduce in un nuovo Universo percettivo? A nostro parere bisogna pensare analiticamente al concetto di velocità e, con esso, a quelli di accelerazione (la spinta in avanti) e di gravitazione (la spinta di arresto). Complessivamente, per racchiudere le varie componenti in un insieme, bisognerebbe riferirsi al dinamismo. Parrebbe quindi che la N Dimensione debba fare i conti con l’insieme dei fattori fisici che possono determinare variazioni percettive all’oggetto di architettura.
È evidente che la percezione deriva dalla capacità individuale di conservare informazioni, ossia dalla memoria (sia a lungo termine, comprensiva del background cognitivo, che a breve termine). Non bisognerebbe stupirsi, quindi, se la N Dimensione producesse risultati interpretativi differenti. Ma non è forse così anche per la Quarta e, addirittura, per le prime tre?
È interessante fare riferimento anche alla memoria dell’oggetto architettonico: una memoria oggettiva che racchiude la storia originaria del manufatto, la sua evoluzione (trasformazione naturale), la sua eventuale trasformazione indotta. Ritorna in campo il fattore tempo. Ma c’è un dinamismo maggiore in tutto questo. E perfino una componente relazionale tra memoria dell’oggetto e memoria del soggetto (colui che lo fruisce).
Ci pare necessario precisare che la nostra ricerca riguarda l’architettura e solo essa. Alcune altre discipline o correnti di pensiero hanno cercato di individuare dimensioni superiori alla Quarta (l’esoterismo è arrivato alla Settima). Tuttavia il terreno di analisi è differente e differente ne è l’obiettivo. Qui non si tratta di una dimensione astratta, al di là delle individuali capacità percettive, ma di una dimensione concreta, all’interno della quale incontestabili componenti fisiche giocano il ruolo dominante. E difatti continueremo la nostra comune ricerca analizzando ognuna di esse, sia singolarmente che complessivamente. Sarà materia dei prossimi articoli.
Ci viene in mente che l’architettura, benché inconsapevolmente, si sta muovendo verso la ricerca della N Dimensione, quella che non sarà superabile perché includerà l’insieme delle componenti che entrano in gioco nello spazio costruito e di vita. Per esempio, il tanto discusso decostruttivismo non è forse il segno concreto della volontà di introdurre il tema del dinamismo nelle forme architettoniche? Linee oblique, linee alterate, volumi razionalmente scomposti per accelerare lo sguardo e produrre movimento.
Siamo dunque convinti che il punto di forza, il contenitore privilegiato dei fattori fisici da esaminare, sia il dinamismo. Su questo, noi crediamo, deve fondarsi la Nuova (o N) Dimensione dell’architettura. Su questo indagheremo fino a essere soddisfatti.
Bisogna riconoscere il grande contributo che ci viene dal Futurismo, dall’intelligenza con cui questa corrente di pensiero ha rivoluzionato il saper vedere e introdotto il movimento (addirittura, l’accelerazione) in arte. Ne parleremo. E bisogna riconoscere il contributo, indiscutibile e lucido, che giunge dal Razionalismo. Questa volta un merito tutto italiano.