Bonus, Ecobonus, Superbonus, Sismabonus
Negli ambienti tecnici, sembrerebbe un argomento fondamentale: l’argomento del momento. Non lo capisco.
Bonus, Ecobonus, Superbonus, Sismabonus, chi più ne ha più ne metta. 50%, 65%, 90%, 110%, olè!
Un valzer, che magari richiama le allegre note di Chopin.
Sono misure che dovrebbero consentire di rimettere in ordine alcune componenti della propria casa, del proprio appartamento, eccetera. Ma a chi sono realmente destinate?
La prima risposta è: a chi ha i soldi per anticipare una spesa che viene rimborsata negli anni a seguire, perfino – in alcuni casi – in maniera eccedente all’esborso iniziale. Fantastico, così parrebbe a una superficiale analisi.
Però – ecco il primo problema – bisognerebbe avere i soldi per anticipare. E non tutti li hanno.
Vado oltre. Il rimborso avviene in cinque-dieci anni, tramite detrazione delle imposte (credito fiscale) dalla dichiarazione dei redditi. Appunto. Ecco il secondo problema: sarebbe necessario avere una dichiarazione capiente, altrimenti non funzionerebbe. E non tutti l’hanno.
Forse intuendo – con insopportabile ritardo – il primo dei problemi esposti, nello scorso luglio il Governo mette rimedio (apparente) consentendo alle banche aderenti e alle società finanziarie (intermediari finanziari) di governare il processo, anticipando la spesa a fronte, direi giustamente, della cessione del credito comprensivo di interessi. Un esempio: Banca Intesa liquida l’80% del credito fiscale acquistato, trattenendo quindi il 20%.
Ecco che viene fatto fuori, in un certo modo, l’impegno diretto dei professionisti, molti dei quali – francamente non io – si sono già organizzati per portare aventi la crociata in un momento storico di difficoltà lavorative abnormi.
Ottimo, potrebbe pensare il destinatario finale delle misure. Togliersi rogne e responsabilità conviene sempre. Ma – terzo problema – affrontare un tale impegno da parte del cittadino presuppone che questi abbia comunque un tesoretto iniziale, visto che le banche erogano il I Acconto solo a seguito del raggiungimento di almeno il 30% dei lavori, qualche volta perfino a compimento complessivo delle opere. E non tutti lo hanno (il tesoretto, intendo).
Allora, che fare? Chiedere un finanziamento? Non a tutti è concesso un finanziamento. Non di certo ai disoccupati e, in generale, alle categorie lavorativamente svantaggiate che peraltro non potrebbero neppure avvicinarsi alle misure: come si garantirebbero il recupero?
Oppure, altra strada, si potrebbe godere delle anticipazioni che sosterrebbe l’impresa di costruzioni. Qui si aprono le porte, tra l’altro, agli sconti in fattura. Ma quali imprese sono in grado di operare anticipando costi di materiali e personale? Ovviamente non tutte, solo quelle solide, escludendo la miriade di ditte in grave difficoltà (le quali, invece, dovrebbero essere le vere destinatarie di sostegni razionali).
A tutto ciò fa capolino uno snodato sistema di relazioni tra fisco (Agenzia delle Entrate), banche, società finanziarie, imprese, professionisti tecnici, professionisti contabili e cittadini che evito di affrontare.
Tralasciando dunque le articolazioni di un percorso evidentemente complesso e, per certi versi, ancora confuso, vengo al dunque. Chi sono i veri beneficiari di queste discriminanti misure? I ricchi, ovviamente, siano essi cittadini o imprese o intermediari finanziari.
E l’Italia non è un paese di ricchi.
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Un esempio che porta l’argomento su un differente piano di lettura: recentemente ho rinnovato la mia polizza annuale RC professionale. Mi era giunto il preventivo che, mi si chiariva, doveva essere addizionato di 150,00 euro qualora io intendessi occuparmi di pratiche Bonus.